Dall’Argentina all’Italia e ora in Spagna, la vita di Lucas Centurión ruota stabilmente intorno al mondo del padel dal lontano 2013, anno in cui nella sua Buenos Aires ha scoperto la bellezza di questo sport. Da quel momento in poi è stato un continuo crescendo di risultati prima come giocatore e poi come allenatore, quando ha guidato la nazionale albiceleste e giocatori straordinari del calibro di Martin Di Nenno e degli italiani Sinicropi e Cattaneo. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui.
L’intervista
Lucas Centurion, allenatore
Lucas, partiamo dalle origini. Quando hai scoperto il padel e cosa ti ha conquistato di questo sport?
Ho iniziato nel 2013 presso la scuola giovanile El Galpón Pádel di Berazategui, Buenos Aires. Ciò che mi attraeva di più era il fatto che fosse molto divertente ed estremamente popolare in Argentina già da diverso tempo.
Dall’Argentina all’Italia: com’è stato il tuo primo impatto con il padel italiano? Che differenze hai notato rispetto al tuo Paese d’origine?
Nel 2019 sono stato in Italia per la prima volta, a Sanremo per l’esattezza. Si vedeva già allora come fosse uno sport che non aveva ancora preso piede, e che aveva ampi margini di crescita sia dal punto di vista tecnico che delle strutture.
Nella tua carriera hai vinto tornei importanti. Cosa ricordi di quelle esperienze da giocatore?
Più che i singoli tornei, ciò che mi porto maggiormente nel cuore è quanto ci divertivamo a competere ogni volta che andavamo in Argentina. Avevamo tantissima passione per il gioco considerando che nel nostro Paese era molto difficile vivere di padel.
Poi sei passato al coaching. Cosa ti ha spinto a diventare allenatore? E com’è stato l’approccio iniziale?
Il mio allenatore dell’epoca, Sebastián Mocoroa, mi disse che mi vedeva in grado di stare dall’altra parte della rete e mi convinse a cambiare. Ogni volta che ci sentiamo gli dico sempre che mi ha rovinato la carriera da giocatore. Ovviamente scherzo, è stato un consiglio molto utile che mi ha permesso di comprendere il padel ancora più a fondo.
Hai collaborato con nomi di altissimo livello come Di Nenno e tanti altri. Com’è cambiato il modo di approcciare il padel per i professionisti con l’esplosione degli ultimi anni?
Grazie agli sponsor e all’incremento dei premi nei vari tornei, oggi molti giocatori possono giocare da professionisti ed avere una propria squadra di lavoro, che richiede dalle cinque alle sei persone tra allenatori, preparatori, staff medico ecc.

Lucas Centurion con Martin Di Nenno
Come organizzate il lavoro sia in pre stagione che durante i tornei?
A seconda del numero di settimane di riposo tra un torneo e l’altro parliamo con il preparatore atletico per coordinare tutto il lavoro di squadra, in modo che il giocatore sia al 100% della forma per il torneo. Alla base di tutto c’è una grande lavoro di pre-stagione sia a gennaio/febbraio che nella pausa di agosto, con qualche settimana di riposo.
Come gestite gli allenamenti di coppia vivendo in posti diversi?
Al contrario di come si potrebbe pensare, non sono molte le coppie che vivono in posti diversi, soprattutto se non consideriamo la parte alta del ranking mondiale. Tuttavia c’è sempre un allenatore a fare da referente per l’intero gruppo di lavoro, che coordina le attività in base alle esigenze di ogni giocatore. La cosa più comune resta l’allenamento insieme, mantenendo comunque una certa individualizzazione del lavoro.
Quanto incide il lavoro del coach durante una partita?
È molto importante per gli atleti che hanno bisogno di un riferimento capace di analizzare le cose dall’esterno, senza l’emotività di una partita. La cosa più importante è essere chiari quando si danno informazioni al giocatore, perché si hanno pochi minuti tra un cambio di campo e l’altro.
In Italia ti sei fatto conoscere anche per il tuo lavoro con atleti come Riccardo Sinicropi e Daniele Cattaneo. Quanta distanza c’è tra i migliori giocatori italiani e i primi 50 del ranking?
Bisogna essere onesti e ammettere che a oggi la distanza è ancora notevole. Non è tanto una questione tecnica o tattica, quanto di ritmo di gioco. I circuiti principali richiedono un livello di concentrazione e di sforzo fisico che deve essere mantenuto anche oltre le due ore e questo è molto complicato da allenare in Italia, in quanto i migliori giocatori fanno fatica ad allenarsi ad alto ritmo per mancanza di atleti di quel livello con cui competere.
Quali sono, secondo te, i punti forti e quelli da migliorare nel padel italiano?
La cosa più importante è che ogni giocatore si goda il percorso per diventare un professionista, consapevole però che per fare il salto di qualità dovrà investire in molte cose. Una di queste sono i viaggi in Paesi dove il livello di gioco è più alto come la Spagna, in quanto allenarsi con i migliori al mondo è fondamentale per la questione del ritmo di cui parlavamo poco fa. A questo proposito, sarebbe ideale riuscire a creare una buona accademia dove i migliori giocatori italiani possano allenarsi costantemente e riuscire così ad avere un ritmo di allenamento simile a quello che hanno i migliori al mondo.
Guardando al futuro: dove vedi te stesso tra cinque anni? E dove vedi il padel in Italia e nel mondo?
Dal mio punto di vista mi vedo ancora nel mondo del padel, perché è ciò che mi appassiona di più. L’Italia conta diversi giovani che, se si impegnano e sapranno allenarsi nel miglior modo possibile, possono raggiungere i massimi livelli. Questo potrebbe far da volano a tutto il movimento e portare ancora più giovanissimi ad avvicinarsi a questo sport un po’ come successo nel tennis, creando le basi per avere una nazionale che possa competere stabilmente per il podio alle competizioni mondiali.