In un Paese dove lo sport è stato recentemente riconosciuto dalla Costituzione come diritto fondamentale (modifica dell’art. 33, 2023), colpisce la profonda discrepanza tra il principio e la realtà quotidiana: come dimostrano alcuni dati che riprenderemo nel dettaglio sui prossimi numeri di Padelbiz, l’Italia è il quarto Paese OCSE più sedentario, con l’80,3% degli adulti che non raggiungono i livelli minimi di attività fisica raccomandati dall’OMS. Peggio di noi, solo Turchia, Portogallo e Grecia. La media OCSE? Decisamente più bassa: 59,6%. Il quadro si fa ancora più preoccupante tra i giovani. Tra gli 11 e i 15 anni, oltre 9 ragazzi su 10 (91,7%) non svolgono abbastanza attività fisica, il dato peggiore tra tutti i Paesi OCSE, dove la già allarmante media si attesta all’81,1%. E se i giovani rappresentano il futuro… che il nostro sia destinato a diventare un avvenire di persone pigre, inattive e demotivate?
Questi dati paiono davvero scoraggianti, ma vogliamo credere che in realtà qualche motivo di ottimismo e soprattutto qualche soluzione non manchino. Possiamo parzialmente consolarci con una – seppur lieve – riduzione della sedentarietà del 7,2% negli ultimi due decenni. A calare in particolare sono coloro che non praticano mai sport (passati dal 40,3% del 2001 al 34,7% del 2023). Ma le disuguaglianze interne, al contrario, si sono accentuate: anziani (53,1% inattivi), donne (38,9% contro il 31,1% degli uomini), persone con basso titolo di studio (49,9% tra chi ha solo la licenza elementare, contro il 17,9% dei laureati), residenti nel Sud e nelle Isole (49,1% contro 26,4% al Nord), in piccoli comuni (40,8%) e in periferia (35,0%). Un’Italia a due velocità, insomma, dove il diritto allo sport resta nei fatti ancora troppo legato a fattori geografici, culturali ed economici.
Eppure è ormai assodato: lo sport non rappresenta solo uno strumento di prevenzione sanitaria, ma anche una leva straordinaria per la coesione sociale, il benessere mentale, la valorizzazione del territorio e pure per la crescita economica. Fortunatamente vi sono nicchie e segmenti di mercato che, in controtendenza con i macro dati dei quali abbiamo parlato, ci restituiscono una fotografia, seppur parziale, di un’Italia attiva e dinamica. E in questo scenario, lo ribadiamo convinti e con forza, il padel ha fatto, sta facendo e soprattutto può ancora fare davvero molto. Ha già avuto il merito di avvicinare un buon numero di persone che prima erano poco o per nulla attive. In molti altri casi ha aumentato la frequenza della pratica sportiva (come sappiamo, una percentuale importante dei padelisti – anche e in alcuni casi soprattutto quelli amatoriali – gioca più volte a settimana).
Un discorso che naturalmente potremmo allargare anche al pickleball (chi l’ha detto che non ci si muove e non si suda se si gioca con un minimo di applicazione, specialmente nell’uno contro uno?) e ovviamente anche al tennis, i cui dati di crescita in termini di praticanti negli ultimi due anni, anche per i motivi che ben sappiamo legati ai nostri top player, sono evidenti. Certo, tornando al padel, i numeri in Italia seppure importanti sono ancora ben al di sotto di quelli di altre discipline sportive, che comunque possono essere complementari. Anzi, possiamo dire che proprio il padel ha fatto scoprire a tante persone i benefici dell’attività fisica, e magari le ha portate ad avvicinarsi ad altre discipline, running e fitness in particolare. Inoltre, al di là delle più o meno dichiarate e attendibili velleità agonistiche di ciascuno, diciamo la verità: la maggioranza dei padelisti considera (o dovrebbe considerare) meno importante la parte competitiva concentrandosi sui benefici mentali e fisici (con un’attenzione maggiore, va detto, ad evitare infortuni e sovraccarichi). In questo modo, anche coloro che per vari motivi stanno dentro le grate e le pareti di vetro a noi così care possono essere ottimi e virtuosi esempi per convincere sempre più persone a uscire dalla non invidiabile classifica dei sedentari. Facendo in modo che per un numero crescente di nostri connazionali lo sport non rimanga solo una buona intenzione scritta… sulla Carta.
Benedetto Sironi
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